Dieci domande al regista Christian Castangia

Chi è Christian Castangia?

Io sono e mi sento un semplice maestro di scuola Primaria, che una volta scoperta la bellezza e l’importanza dell’insegnamento non è più riuscito a liberarsene. Amo il mio mestiere in quanto mi consente di essere libero e in continua crescita, nonché a contatto con una fascia d’età non più seme ma ormai piantina di una possibile foresta. La mia particolarità e che insieme all’insegnamento apparentemente “classico” utilizzo e prediligo, dove è possibile, il racconto cinematografico. Questo è un linguaggio universale di facile fruizione e comprensione capace di imprimere e immortalare in modo realistico tutto ciò che mi circonda facendone uno strumento narrante.

Quale necessità ha fatto nascere il Christian artista?

Ad esser sincero non mi sento un artista, o meglio non riesco né a convivere molto bene con questa definizione, né tantomeno a farmi convincere che lo sono. Mi piacerebbe essere ricordato o pensato come un ricercatore, uno che vuole sperimentare, scoprire e sapere. Insomma uno studioso che approfondisce il linguaggio espressivo per favoleggiare il mondo e la vita che lo caratterizza. Ritrarre gli uomini e le loro azioni, gli usi e i costumi. Per rispondere più precisamente alla domanda, di fatto la necessità è stata prettamente pratica e pragmatica. Fin da bambino sono sempre stato spinto da un istinto di sopravvivenza, ossia potermi rivelare agli altri, a volte estranei al sottoscritto con l’ausilio delle immagini. A onor del vero, fin da piccolo, sono stato uno che ha pensato e parlato per immagini. Prima che maturasse l’idea di girare i miei film dipingevo e disegnavo molto e c’era sempre la musica come sottofondo, seguendo le emozioni e la necessità comunicative legate alla realtà quotidiana bivalente fatta di incantevole armonia e gaudio o viceversa di struggente disarmonia e dolore. Il cinema racchiude in sé la stessa arte pittorica però in movimento, accompagnato sempre dalla musica che ne rafforza il significato perché questa volta si trova al suo interno.

Tu hai sempre affrontato con coraggio nei tuoi film argomenti scomodi e che i benpensanti spesso lasciano confinati sotto i tappeti come la polvere e la tua trilogia sembra un po’ rifarsi ad un percorso pasoliniano. Anche alla luce di ciò, quanto è difficile occuparsi di tematiche sociali e quanto costa svicolare da facili compromessi?

Questa domanda è una bomba a orologeria, quanto tempo ho per rispondere? Scherzo!! Sono felice che mi sia stata posta. Inizio con dirti che Pasolini è stato un grande poeta del Novecento scomparso tragicamente e purtroppo prematuramente. Egli per cause di forza maggiore è un mentore assoluto per il mio sguardo sul mondo e la società. I miei studi pregressi mi hanno più volte riportato a ripercorrere molti dei suoi insegnamenti che ci ha lasciato in eredità attraverso le sue opere poetiche e cinematografiche. Posso dire con molto orgoglio che è presente in ogni mio film ispirato alla trilogia sulla violenza (poi ribattezzata da me medesimo “trilogia sull’amore”) perché è uno di quegli intellettuali che negli anni 60 e 70 ci parlava già di bullismo, di violenza assistita, di femminicidio, di prostituzione, di droga, di morte sotto svariate sfaccettature, come nessun altro intellettuale mai prima di lui. Quindi ritornando al punto in questione, occuparmi di argomenti scomodi mi ha reso altrettanto scomodo per certi versi, in quanto i temi che tratto, pur essendo rivolti ai giovani, non sempre sono stati per loro di facile fruizione o meglio non ne hanno potuto usufruire liberamente perché gli adulti di riferimento, soprattutto a scuola, hanno reputato certe tematiche “troppo forti” da proporre ai ragazzi. L’importante per qualcuno è che gli stupri e i femminicidi passino per la TV attraverso i telegiornali, ma guai a farlo con un approccio didattico attraverso l’Istituzione, non è permesso parlarne con facilità. Per mia fortuna, e anche dei ragazzi, non sempre è andata così.

Che rapporto hai con il tuo pubblico?

Molti colleghi conoscendo il mio operato e sentendone parlare da chi realmente aveva visto i film (genitori, insegnanti e alcuni presidi) hanno aderito alla campagna di sensibilizzazione lanciata dalla mia associazione “TUTTO CAMBIA”. Soltanto lo scorso anno ho incontrato all’incirca quattromila studenti di tutta la Sardegna e non solo; perché i loro docenti hanno colto nella campagna di sensibilizzazione l’intento di prevenzione ma una piccola percentuale di benpensanti ne ha censurato la visione perché ha considerato il prodotto fonte di istigazione. Ma non è così.

I tuoi video nascono con le stesse scelte scenografiche tra cinema e teatro che caratterizzano i tuoi lavori filmici. Quali differenze hai riscontrato fra film e video?

Non vi è una netta differenza e non si possono distinguere nettamente i due prodotti: video-clip musicale e cortometraggi. In entrambi, per quanto mi riguarda scelgo sempre di lanciare dei messaggi impliciti. Ad esempio in tutti e tre i videoclip di Antonello ci sono sempre dei riferimenti letterari, poetici: da Gramsci, a Pasolini, a Pavese, Calvino etc… che sono i miei studi e le mie passioni da maestro di scuola elementare. Ho una mia poetica e non scendo a compromessi quando li realizzo. Ascolto per molte ore, giorni, mesi il brano e poi vedo intorno a quella musica le immagini che più gli si possono adattare. Antonello si è fidato ciecamente delle mie scelte stilistiche. Questo è uno dei principali motivi della nostra intesa e collaborazione.

Tre video, una collaborazione musicale a un film… Ma come nasce l’incontro con Anto?

L’incontro con Antonello è avvenuto circa quattro anni fa durante la proiezione del mio primo cortometraggio della trilogia “L’amore impossibile”. Mi si avvicino per farmi i complimenti in quanto gli piacque il film e la colonna sonora utilizzata. Passarono alcuni mesi mi contattò inizialmente tramite facebook perché voleva sapere se fossi disponibile a girare per lui il videoclip per il suo brano “L’extraterrestre”. Sinceramente rimasi sorpreso, in città non ero l’unico a fare video bensì c’erano operatori del settore che si occupavano e producevano videoclip musicali, ma lui insistette su questo punto voleva che fossi io ad occuparmene e a quel punto accettai molto volentieri.  In seguito ci sentimmo telefonicamente per fissare un incontro e parlare del progetto musicale, mi consegnò il brano e da lì a qualche mese lo ricontattai per esporli il progetto. Lui ne fu entusiasta nonché soddisfatto dell’idea che avevo in mente, mi lasciò carta bianca e i giorni seguenti girammo il videoclip con delle comparse due ballerine di mia conoscenza Paola e Roberta che accettarono molto volentieri di partecipare. E da quel momento in poi è nata anche un’amicizia che dura a tutt’oggi.

Pruriginosa richiesta del nostro pubblico: pregi e difetti del nostro Antonello, come artista e come persona.

Antonello è una bellissima persona, disponibile, gentile e a modo. È praticamente impossibile non andarci d’accordo. Un bravissimo professionista che si affida ciecamente a chi lo affianca nei sui percorsi e progetti musicali. È un cantautore impegnato che non risparmia nessuno quando vengono negati i dei diritti all’uomo e alla sua libertà, è rigorosamente per il rispetto dei più deboli, e questa cosa mi piace molto perché non si discosta dal sottoscritto. La sua deformazione professionale, in quanto medico, lo porta con molta costanza a trasmettere idee di guarigione a una società che respira male i colori del mondo e non accoglie la diversità sotto ogni punto di vista. È uno, colto che si espone in prima linea per i diritti di tutti e per tutti.

E i difetti?

Aiuto qui mi mettete davvero in difficoltà penso e credo fortemente di non avergliene individuato neanche uno, anzi sì è uno molto preciso, ma questo non voglio pensarlo come un difetto bensì come una grande dote.

Sappiamo che è in uscita, qualche anticipazione sul video di A M A?

Il video clip di AMA è dal mio punto di vista il più riuscito dei i tre fatti insieme ad Antonello. Si percepisce la maturità raggiunta da entrambi e la spontaneità dell’artista che è in lui nel collaborare e lasciarsi riprendere con molta disinvoltura. Una vera anticipazione è che questo video al suo interno “ospita” dei pezzi inediti del mio ultimo film SONO VIVA (cortometraggio di quarantatré minuti, molto complesso in quanto articola tematiche non semplici da trattare ma di attualissima denuncia sociale tra cui il femminicidio, i disturbi dell’alimentazione e l’autolesionismo, l’adescamento in rete, la prostituzione ecc.). Un’altra anticipazione è la nuova ed efficace collaborazione per il montaggio con un giovane talento di Iglesias Nicola Guaita. Un ragazzo giovanissimo di 18 anni che fresco di diploma al Liceo di Scienze Applicate pensate si è iscritto alla Facoltà di Informatica: Scienze e Tecnologie Multimediali di Pordenone per approfondire la tecnica del montaggio audio visivo digitale.

Che aggiungere?

AMA è un brano molto forte con un testo altrettanto intensamente poetico, molto vicino al psichedelico pinkfloydiano. Nel film il pezzo di Antonello emerge gloriosamente, come è stato più volte detto, una colonna sonora portante, calza perfettamente in alcune scene principali, nei momenti clou del film quelle ami avviso con maggiore impatto visivo. Sono felice che Antonello abbia accettato di curare la colonna sonora all’interno del film, generalmente mi circondo di amici è lui non poteva non esserci. Il videoclip è il sunto ben amalgamato tra il suo brano e il mio film tra ciò che lui esprime sapientemente con la musica e le immagini che io scelgo di pubblicare e raccontare a più persone possibili. Non so se ho risposto in modo giusto o come volevate, vi ringrazio per quest’intervista augurandovi buona visione del videoclip AMA.